Il nemico numero uno dell’ispirazione: il perfezionismo!
Vediamo se la situazione vi risulta familiare…
Ci sono giorni in cui mi alzo la mattina, guardo cosa ho scritto nella mia To-do list giornaliera e penso: “Bene, è arrivato il momento di mettermi al pc e iniziare finalmente a scrivere la mia storia”. Poi accendo il pc e cincischio. Guardo una mail, rispondo a un messaggio, faccio quell’inesistente correzione di grammatica nell’ultima revisione arrivata… E il foglio bianco è ancora lì che mi fissa. Allora mi dico: “Basta procrastinare!”, metto le mani sulla tastiera e butto giù due righette e poi… Il Blocco! “No, questa frase sembra scritta da un romanziere d’appendice… E quest’idea? Nella mia testa funzionava così bene, ma qui sul foglio è scialba, non funziona!”
Morale? Mi metto a scartabellare per l’ennesima volta gli appunti sul Viaggio dell’eroe, vado a rivedermi quel video sugli incipit che parlava di come fare a scriverli bene, rileggo per l’ennesima volta l’idea di base che avevo scarabocchiato su una delle mille agende che uso per scrivere… E la mia pagina resta bianca con la storia ancora tutta da scrivere.
Capita anche a voi?
Se sì, come avete visto, siete in buona compagnia! Il blocco dello scrittore, o del disegnatore, capita a tutti e dover scrivere senza ispirazione sembra un’impresa impossibile. Quindi come fare?
Dopo lunghe riflessioni ho concluso che, come in molti altri campi, ciò che spesso genera il blocco dello scrittore non è la mancanza di ispirazione in sé. Il vero nemico, quello che si nasconde nei cespugli e sogghigna mentre ti dibatti tra mille dubbi e non scrivi, è ancora una volta lui: il Perfezionismo!
Finché pretenderemo di poter scrivere o disegnare al primo colpo un capolavoro, senza doverlo mai ritoccare, ispirati dal fuoco ardente delle Muse, non andremo da nessuna parte. Questo pregiudizio Romantico - non nel senso dei Baci Perugina, ma nel senso di appartenente alla corrente artistica del Romanticismo - impedisce ancora oggi a molte persone creative di buttarsi nella mischia e dare il meglio di sé. Lo so perché è successo anche a me.
Non nego che ci siano giornate di assoluta in-creatività, dove qualsiasi cosa che tu faccia ha il sapore della cenere e pensi che sarà completamente da rifare. Però ho imparato con l’esperienza che, in giornate come questa, se puoi ti dedichi ad altro, tipo a compilare le fatture, altrimenti è bene mettersi comunque al lavoro e buttare giù qualcosa. Perché il giorno successivo, passato lo stato d’animo disfattista, ti renderai conto che il lavoro fatto non era poi così male.
Magari non era perfetto, ma è perfezionabile.
Si tratta di accettare che il lavoro creativo non è un risultato, ma un viaggio. Perciò ti basterà rimboccarti le maniche e armarti di santa pazienza e vedrai che imparerai ad avere delle idee simpatiche che poi (digi)evolveranno in idee decenti e, in alcuni casi di particolare lavoro duro, potranno super(digi)evolvere in idee grandiose.
Ora ti sento già dire: “Tante belle parole, ma in pratica, come si fa?”
Visto che il discorso è lungo, ho deciso di articolarlo in due parti: una più teorica, che trovi qui di seguito, e una più pratica che pubblicherò nel prossimo articolo del blog.
Quando l’ispirazione non era un problema: “Facciamo finta che…”
Se penso a un periodo in cui per me l’ispirazione non era un problema, è senza dubbio la mia infanzia.
All’epoca giocavo tantissimo a “Facciamo finta che…” con i miei fratelli e cugini, inscenando avventure popolate di mostri, ponti su fiumi di lava e principesse rapite nel cortile di mia nonna. Da questa attività il passo a decidere di raccontare storie come quelle che vivevo nella mia fantasia è stato breve. Io e mia cugina Maria, inoltre, amavamo disegnare e perciò perché non unire questa passione con le storie? Ecco perché per me disegnare fumetti è stata una scelta praticamente naturale e scontata. E trovare argomenti per le mie storie non era un problema: bastava trascrivere quello che accadeva nei pomeriggi di “Facciamo finta che…”
I bambini, infatti, hanno bisogno per crescere di crearsi questo circolo magico e sicuro dove poter mettere in scena la vita per imparare a viverla davvero, come dice anche la scrittrice del Castello Errante di Howl, Diana Wynne Jones, nel suo articolo The Children in the Wood. Tutto il processo creativo, quindi, non solo è naturale, ma potremmo quasi definirlo imprescindibile per la crescita e la sopravvivenza.
Poi, però, che succede? Crescendo ci si accorge che questo metodo spontaneo non può bastare per scrivere storie come persone adulte. Alcuni addirittura perdono completamente la capacità di inventarne e si limitano a vivere avventure scritte da altri. Questi ultimi, invece, decidono di studiare per riacquisire quella capacità che prima era una seconda natura e adesso risulta tanto difficile, perché siamo più complessi e pieni di pregiudizi di che cosa debba essere una buona storia (il Perfezionismo, ricordate?).
Il muscolo dell’immaginazione che ci aiutava a passare dalle idee alla realtà del gioco di “Facciamo finta che…” spesso non è stato allenato per crescere insieme a noi e, quindi, si è atrofizzato.
Perciò, come per i muscoli del nostro corpo, dovremo fare un serio allenamento per risvegliarlo.
Il primo mito perfezionista da sfatare: l’originalità
Prima di tuffarsi nei consigli pratici su come allenare la nostra ispirazione e fantasia, vorrei fare un’ultima premessa che ritengo fondamentale. Una delle cose che mi ha permesso di sbloccare il circolo auto-sabotante del perfezionismo è stata togliergli una delle sue armi più insidiose: il concetto perfezionista di originalità.
Come per l’ispirazione, anche l’originalità è un’idea che, a livello di pensiero comune, porta a un vicolo cieco. Normalmente, infatti, si intende come originale una cosa che nessun altro ha mai detto o pensato. Ma le cose non stanno esattamente in questo modo.
Chi studia scrittura e disegno prima o poi si rende conto che nessuno è mai davvero originale in questo senso. Tutto quello che fai è frutto di stimoli, idee e forme che non vengono dal nostro interno, ma dall’esterno. Quando ho cominciato a scrivere e disegnare fumetti anche io mi ispiravo a quello che leggevo all’epoca, soprattutto la produzione Disney come W.i.t.c.h. e Topolino.
E questo è un male? Siamo tutti degli imbroglioni che non fanno altro che copiare le idee di qualcun altro?
Certo che no! Questo perché, per quanto le idee ci vengano da questi stimoli, noi non ci limitiamo a copiarle pari pari. Le soppesiamo, le uniamo alla nostra esperienza e, quasi per magia, sono diventate qualcos’altro.
Ciò che rende originale il nostro lavoro, quindi, non è l’idea in sé, ma come la sviluppiamo restando fedeli a chi siamo, a quello che pensiamo, alle nostre attuali capacità e competenze artistiche. Se ci pensiamo, spesso il nostro stile è più il frutto di quello che non sappiamo disegnare, che di quello che disegniamo perfettamente.
Sfatato anche questo mito siamo quindi pronti a partire per il percorso che ci permetterà di raccogliere, coltivare e sviluppare le idee da esprimere nelle nostre storie.
Nel prossimo articolo parlerò proprio di questo con tanto di spiegazione dei miei personalissimi trucchi per trovare le idee quando mi trovo con il cervello vuoto!
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Intanto alla prossima,
Lucia
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